#ARTEADISTANZADISICUREZZA 03: AFRO BASALDELLA. IL VIDEOCLIP

Angelo Buscema questa volta ci svela alcuni aneddoti relativi alla realizzazione tecnica delle ultime grafiche di Afro Basaldella.
Con Afro Angelo Buscema instaurò una profonda e sincera amicizia, nata durante gli anni in cui l’artista friulano collaborò con la 2RC: Su richiesta di Valter – afferma Buscema – mi recai quindi per settimane nel suo studio per conoscere più a fondo l’uomo e l’artista in previsione della realizzazione di Grande Grigio. Osservandolo, chiacchierando quotidianamente con lui mi resi conto che bisognava sperimentare una tecnica assolutamente nuova, che consentisse di riportare sulla matrice l’immediatezza della sua pennellata, di quella gestualità istintiva carica di valenze psicologiche. La soluzione fu una variante della “maniera allo zucchero” ottenuta con una miscela a base di essenza di bergamotto, che lasciava l’artista libero di gestire l’opera come in un dipinto. In occasione della pubblicazione del libro Charles Baudelaire, invece, visto che lui voleva dei contorni netti tra un colore e l’altro, realizzammo un collage di acquatinta con piccoli ritagli di inchiostro ottenuti raschiando sino al limite la carta (estratto da una conversazione avuta nel mese di maggio 2019 e pubblicata in Ghraphein, cat . mostra a cura di A. De Grande e C. Salinitro, Noto 08/06-16/08 2019, Ragusa 2019, pp. 12-13).

In ambito grafico i primi lavori di Afro sono delle litografie realizzate intorno alla metà degli anni Cinquanta, presso le stamperie romane di Castelli e di Cipriani. La scoperta delle infinite potenzialità della stampa d’arte lo porterà alla fine degli anni ’60 a precorrere quella tendenza alla geometrizzazione delle forme che caratterizza la produzione pittorica dell’ultimo periodo, fatta di campiture larghe e pastose rese con colori intensi e contrastanti. Dal 1970 si dedicherà poi con più assiduità al “mezzo grafico”, raggiungendo una grande qualità specifica: l’acquatinta, scrive Brandi, “gli permette di evitare o quanto meno di ridurre al minimo un segno di contorno” che era stato la sua cifra stilistica, sollecitando una nuova sperimentazione di timbri cromatici, di valori spaziali e di tecniche esecutive.
L’attività incisoria condizionerà la svolta stilistica dell’ultimo Afro, le cui composizioni si caratterizzeranno – sia nella grafica sia nella pittura – per la giustapposizione irrazionale di campiture nette, ritagliate, “librate in una sospensione nostalgica, come carica di valenze evocative” (Caramel, 2018).

#ARTEADISTANZADISICUREZZA 03: GALERA – AFRO BASALDELLA

#ARTEADISTANZADISICUREZZA 03: "GALERA" - AFRO BASALDELLA

 

 

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#ARTEADISTANZADISICUREZZA 03:

Afro Basaldella – “Gaera”, 1974

[mm 500×700]

PERIODO PROMO: 28 Marzo – 03 Aprile 2020

Info su #arteadistanzadisicurezza

Terza proposta di #arteadistanzadisicurezza: questa volta presentiamo “Galera” di Afro Basaldella  (Udine 1912 – Zurigo 1976), splendida opera grafica realizzata nel 1974 presso la stamperia romana 2RC.

La serie di incisioni eseguite negli anni Settanta per la 2RC (tra cui capolavori come Bilancia, Grande Grigio e Controcanto) rappresentano un episodio centrale nel percorso artistico di Afro, tanto da influenzarne lo stile anche nella produzione pittorica di quegli anni. Come affermò Brandi, “queste incisioni, in un certo senso, erano più pittura delle pitture” ed oggi sono considerate uno dei vertici nella storia della grafica italiana.

In Galera, acquaforte e acquatinta a 7 colori, la composizione è tutta giocata sul rapporto tra le vibranti tonalità cupe dei colori e la perfezione delle indefinite forme pseudo-geometriche che occupano il vuoto dello sfondo, quasi a interpretare – come sembra suggerire il titolo – una memoria atemporale, una simbolica tensione interiore. Emblematiche, ancora una volta, le parole di Brandi sulla produzione pittorica dell’artista friulano: “Ciascuno di quei ‘ritagli’ colorati individua un piano diverso, anche se rigorosamente parallelo alla superficie del quadro: e il fondo, questo fondo impastato di cenere, sedimento d’ombra, ma di un’ombra che è un’ombra di luce, è come se stesse a tutela e garanzia di una spazialità che non si riduce alla superficie ma neppure ‘inventa’ una profondità. Necessariamente bisogna esprimersi per antitesi, perché di questi quadri non si può parlare che dicendo quel che non sono, essendo, quello che sono, solo in funzione di questa privatività strutturante”.

#ARTEADISTANZADISICUREZZA 02: ALBERTO BURRI/ IL VIDEOCLIP

Ricordi, aneddoti… il nuovo videoclip realizzato per #arteadistanzadisicurezza è un sintetico viaggio nella memoria di Angelo Buscema, stampatore della 2RC dal 1969 al 1980 (cfr. “I ragazzi della stamperia” in Doppio Sogno dell’arte, a cura di A. Bonito Oliva, Bari 2007, pp. 68-69). Il breve ma interessante racconto di Buscema svela dal punto di vista dello stampatore curiosi “segreti di bottega” su Burri e sulle sue serigrafie eseguite presso la celebre stamperia 2RC di Roma, con cui il maestro umbro collaborò a partire dal 1962.
In merito a Burri, in particolare, Buscema ricorda: Era un grande perfezionista, tanto curioso quanto rigoroso e intransigente… quanto ci siamo scervellati, io e Valter, per trasferire sulla carta i suoi cretti attraverso la calcografia. Ma non è stato semplice neanche ottenere in litografia quelle piccole sfumature di assoluta precisione chiaroscurale che lui richiedeva, oppure, in serigrafia, quei netti accostamenti cromatici con oltre 120 colori nello stesso soggetto (estratto da una conversazione avuta nel mese di maggio 2019 e pubblicata in Ghraphein, cat . mostra a cura di A. De Grande e C. Salinitro, Noto 08/06-16/08 2019, Ragusa 2019, pp. 12-13).

Come evidenziato da Calvesi, la produzione di Burri trova nella grafica “un suo ulteriore, coerente momento dimostrativo”, che segna uno dei passi più audaci e sorprendenti nel panorama internazionale della stampa d’arte contemporanea. Con opere come le Combustioni (1963-1968), i Cretti (1971), le coloratissime serigrafie e litografie (1973-1976) o Grande Bianco e Grande Bianco e Nero (1981, cm. 118 x 223), realizzate con mezzi modernissimi dalla 2RC, egli raggiunge infatti dei risultati sino ad allora assolutamente inediti in questo campo, sia per gli aspetti tecnico-esecutivi sia per l’eccezionale grandezza del formato.

Per chi volesse approfittare di questi giorni per qualche lettura sulla produzione serigrafica di Alberto Burri si consiglia l’interessante tesi di laurea di Ilaria Sola (Università di Bologna, 2017), dal titolo “Alberto Burri. Dalla materia alla Serigrafia: considerazioni da una dichiarazione inedita” (CLICCA QUI).

#ARTEADISTANZADISICUREZZA 02: LETTERE – ALBERTO BURRI

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#ARTEADISTANZADISICUREZZA 02:

Alberto Burri – tav. D (serie “Lettere”), 1969  [mm 350×500]

PERIODO PROMO: 21 – 27 Marzo 2020

Info su #arteadistanzadisicurezza

La seconda proposta dell’iniziativa #arteadistanzadisicurezza è la tavola n. 4 della cartella “Lettere” di Alberto Burri, pubblicata con 6 serigrafie dalla 2RC di Roma nel 1969. Con questa serie Burri anticipa le sperimentazioni cromatiche degli anni ‘70, in cui sfrutta la tecnica serigrafica per ottenere stesure compatte e assolutamente omogenee di colore che rimandano alle prime tempere degli anni 1948-1956.

Il grande maestro umbro ha mostrato sempre un grande interesse per la grafica, il cui intero corpus – consistente in oltre duecento opere realizzate tra il 1950 e il 1994 – è esposto dal 2017 presso il cosiddetto “Terzo Museo” della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri.
«Nel caso di Burri – afferma Bruno Corà , presidente della Fondazione Palazzo Albizzini – parlare di grafica non significa parlare di una produzione minore rispetto ai dipinti, ma soltanto di una modalità artistica diversa e parallela, nella concezione e nell’’esecuzione, tale insomma da potersi annoverare con assoluto rilievo nella produzione del grande pittore, a fianco di tutti gli altri suoi rivoluzionari pronunciamenti innovativi. Anche nella grafica, Burri ha cercato di superare sfide tecniche e di spingere i confini sia degli strumenti che dei materiali utilizzati. Con esiti di interesse straordinario».

[…] non era possibile prevedere l’importanza che avrebbero assunto nell’attività pittorica  di Burri, quello che pareva un’esercitazione quasi marginale: le piccole tempere destinate ad una realizzazione grafica – serigrafica, alle quali egli attendeva  come per un gentile, quasi inconfessato svago […].
Quanto quasi monocroma era la sua attività di allora, in uno scambio violento di luce ed ombra, di trasparenza e impermeabilità, di lucido e opaco, altrettanto scintillanti e accese erano quelle temperine con un gioco di contrasti secchi e nitidi, tutti in luce e nulla in ombra […].
Il colore era stato ridotto da Burri quasi ad una dicotomia di bianco e nero, con qualche sprazzo, come sanguinante di rosso; e ancor più era stato ridotto ad un’approssimazione di luce e di ombra, di liscio e granuloso, alla base riscoppiava ora come in tanti rivoli incontrollati, i gialli, i viola, i rossi, gli amaranti, i verde erba, i verde mare, gli azzurri cielo, gli azzurri iride giovanile.
[…] Queste temperine, tenute in ombra, a latere del Burri maggiore ad un certo punto irruppero nel Burri maggiore.
[…] Irrompono allora, come una garrula retroguardia non più in suggestione, i colori. Sono quei colori che avevano avuto libero campo nelle tempere, e dunque nelle serigrafie […].
Di qui l’interesse per la grafica di Burri cresce a dismisura: non solo in sé, ma per il riflesso  indubbio che ha sulla sua pittura “maggiore.

(Cesare Brandi, 1981)