#ARTEADISTANZADISICUREZZA 02: LETTERE – ALBERTO BURRI

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#ARTEADISTANZADISICUREZZA 02:

Alberto Burri – tav. D (serie “Lettere”), 1969  [mm 350×500]

PERIODO PROMO: 21 – 27 Marzo 2020

Info su #arteadistanzadisicurezza

La seconda proposta dell’iniziativa #arteadistanzadisicurezza è la tavola n. 4 della cartella “Lettere” di Alberto Burri, pubblicata con 6 serigrafie dalla 2RC di Roma nel 1969. Con questa serie Burri anticipa le sperimentazioni cromatiche degli anni ‘70, in cui sfrutta la tecnica serigrafica per ottenere stesure compatte e assolutamente omogenee di colore che rimandano alle prime tempere degli anni 1948-1956.

Il grande maestro umbro ha mostrato sempre un grande interesse per la grafica, il cui intero corpus – consistente in oltre duecento opere realizzate tra il 1950 e il 1994 – è esposto dal 2017 presso il cosiddetto “Terzo Museo” della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri.
«Nel caso di Burri – afferma Bruno Corà , presidente della Fondazione Palazzo Albizzini – parlare di grafica non significa parlare di una produzione minore rispetto ai dipinti, ma soltanto di una modalità artistica diversa e parallela, nella concezione e nell’’esecuzione, tale insomma da potersi annoverare con assoluto rilievo nella produzione del grande pittore, a fianco di tutti gli altri suoi rivoluzionari pronunciamenti innovativi. Anche nella grafica, Burri ha cercato di superare sfide tecniche e di spingere i confini sia degli strumenti che dei materiali utilizzati. Con esiti di interesse straordinario».

[…] non era possibile prevedere l’importanza che avrebbero assunto nell’attività pittorica  di Burri, quello che pareva un’esercitazione quasi marginale: le piccole tempere destinate ad una realizzazione grafica – serigrafica, alle quali egli attendeva  come per un gentile, quasi inconfessato svago […].
Quanto quasi monocroma era la sua attività di allora, in uno scambio violento di luce ed ombra, di trasparenza e impermeabilità, di lucido e opaco, altrettanto scintillanti e accese erano quelle temperine con un gioco di contrasti secchi e nitidi, tutti in luce e nulla in ombra […].
Il colore era stato ridotto da Burri quasi ad una dicotomia di bianco e nero, con qualche sprazzo, come sanguinante di rosso; e ancor più era stato ridotto ad un’approssimazione di luce e di ombra, di liscio e granuloso, alla base riscoppiava ora come in tanti rivoli incontrollati, i gialli, i viola, i rossi, gli amaranti, i verde erba, i verde mare, gli azzurri cielo, gli azzurri iride giovanile.
[…] Queste temperine, tenute in ombra, a latere del Burri maggiore ad un certo punto irruppero nel Burri maggiore.
[…] Irrompono allora, come una garrula retroguardia non più in suggestione, i colori. Sono quei colori che avevano avuto libero campo nelle tempere, e dunque nelle serigrafie […].
Di qui l’interesse per la grafica di Burri cresce a dismisura: non solo in sé, ma per il riflesso  indubbio che ha sulla sua pittura “maggiore.

(Cesare Brandi, 1981)